Sicko: il sistema sanitario americano denunciato da Michael Moore

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Doveroso un breve incipit sul buon Michael Moore: Wikipedia ce lo dipinge attore, regista, sceneggiatore, scrittore, produttore e indossatore di cappelli a visiera, i suoi preferiti. Ma ai più è noto come documentarista piuttosto discusso, soprattutto per la sua fastidiosa tendenza a scoperchiare, uno dopo l’altro, tutti i vasi di Pandora che affollano l’ormai leggendario “american dream”.

Infatti, in virtù di una bruciante pellicola sui rapporti dell’amministrazione Bush con la famiglia Bin Laden (Fahrenheit 9/11) e di uno spaccato imbarazzante su come i media e il governo americani spingano la loro stessa gente all’odio reciproco (Bowling a Columbine), gli sono stati consegnati rispettivamente una Palma d’Oro e un Oscar.

Assodata l’attendibilità di questo rotondeggiante marcantonio, passiamo alla sua fatica del 2007: Sicko. I primi minuti del film vengono dedicati a specificare, con ironia maligna e velenosa, che l’opera non è dedicata ai cinquanta milioni (!) di americani senza assistenza sanitaria, ma a tutti gli altri.

Gente comune come Larry e Dana, lui reduce da tre infarti e lei dal cancro, Michael Moore-Sickofiniti nel vagabondaggio dopo che la loro compagnia assicurativa sanitaria li costringe a vendere la casa per pagare i premi ormai insostenibili della polizza. Gente comune come Frank, un adorabile vecchietto che alla bellezza di 79 anni si trascina tra un lavoro e l’altro, senza pace, per pagare i farmaci suoi e della moglie. Et cetera, et cetera…

Ok, l’assistenza sanitaria in America è privata e costa parecchio, ma almeno funziona? No: se hai avuto un disagio, una qualunque malattia anche non debilitante, non puoi firmare la polizza. In primis. Ma il meglio viene in secundis: in caso tu debba fare un intervento rischioso (trapianti, chirurgia ricostruttiva, asportazioni di masse tumorali) e chiedessi alla tua compagnia di sostenerne il costo, essa salterà da un cavillo all’altro per convincerti che non hai bisogno di quell’operazione. Oppure scaverà nella tua cartella clinica per scovare anche il più insignificante raffreddore che hai omesso di dichiarare sul modulo al momento della firma, rendendo il contratto di fatto nullo.

Ed eccoci al topos del film: le compagnie assicurative, insieme alle “compagne di merende” case farmaceutiche, sono aziende private finalizzate al profitto. Profitto, stop. E profitto non si legge “salute”, ma profitto.

Cosa deve fare allora un americano che non può permettersi le cure di cui ha urgente bisogno? Va in Canada, dove l’assistenza sanitaria è pubblica et gratuita. Oppure a Cuba, dove l’assistenza sanitaria è ri-pubblica et ri-gratuita. Persino nella base di Guantanamo criminali e terroristi godono di cure migliori dei cittadini americani. In Inghilterra, addirittura, l’ospedale ti paga le spese di trasporto nel caso in cui tu non possa farlo.

Vale la pena vedere il film soprattutto per la tranche audio in cui si sente Nixon, nel lontano ’71, spianare la strada agli squali delle compagnie assicurative e farmaceutiche. Insieme al sogghigno da Mr. Burns, possiamo ascoltare, con un minimo sforzo di fantasia, il rumore di monete d’argento versate in un bicchiere di buon whiskey. Trenta monete d’argento per mettere in croce il popolo americano.