Offlaga Disco Pax, Gioco di società: l’intervista a Max Collini

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Quanto pesa la nostalgia delle vostre esperienze socio-politiche emiliane e le feste dell’Unità di un tempo, nel vostro particolare gioco di società?
Max Collini. L’esperienza di militante della mia adolescenza votata alla Federazione Giovanile Comunista Italiana e poi al PCI è stata centrale nella mia formazione. Quell’epoca e quell’età hanno segnato la visione che ho delle cose del mondo e questo traspare in molto di quello che scrivo. Sappiamo bene da dove veniamo insomma, dove andare ora è un po’ più complicato, credo.

E quanto influiscono oggi i testi dei vostri ascolti privati (come non menzionare “Osservati dall’inganno” dei dispersi “Indigesti” del precedente album)?
Max Collini. Arrivati al terzo album mi sono molto trattenuto in questo, lasciando nei testi solo le citazioni che ritenevo essenziali alla funzionalità del racconto. Sostanzialmente sono soltanto due e le abbiamo anche esplicitate nelle note del disco, in modo da non lasciare dubbi sulla loro volontarietà. Una è presa da Tannomai degli Ustmamò in “Sequoia” e l’altra è una frase tratta da una poesia di Arturo Bertoldi in “Respinti all’uscio”. E’ indubbio che i miei ascolti privati e le mie letture possano influenzare quello che scrivo, ma spero sempre di essere sufficientemente personale da mantenere un tratto distintivo. “Osservati dall’inganno” spunta in Superchiome (su Bachelite), ma se ne sono accorti in pochissimi, del resto prediligo cose poco note, con l’eccezione di Battisti in “Dove ho messo la Golf” (sempre in Bachelite), ma la vicenda in quel caso si prestava al tal punto da non poter proprio resistere!

Guardandovi dal vivo non si può non notare la tempesta di parole creata per unire pathos ed eleganza sonora. Una volta un amico ha paragonato il vostro Collini allo Jello Biafra stile spoken word che si era addirittura candidato negli States. Di mettere su un movimento stile social forum e prendere una posizione mediatica definitiva come i collettivi alla Wu Ming ci avete mai pensato?
Max Collini. Questa domanda ricorre sempre, la risposta è sempre la stessa: non abbiamo particolari intenzioni pedagogiche nel nostro fare. Ci autoproduciamo, deleghiamo pochissimo all’esterno, controlliamo in prima persona tutti gli aspetti della nostra vita artistica e quando non è possibile costruiamo rapporti con persone che sappiamo avere sintonia con questo modo di essere. Questo è il solo modo che conosciamo di gestire la vita del nostro progetto, ma per il resto non siamo un tradizionale gruppo “combat” con una proposta politica inclusa, non sarebbe nelle nostre corde, anche se ovviamente il gruppo ha una identità molto caratterizzata.

Abbiamo cercato di stare il più lontano possibile dalla retorica e mi rendo conto che è molto difficile farlo con una proposta come la nostra, ma il tentativo è sempre stato quello.

Se ci siamo riusciti anche solo in parte lo troverei già un gran risultato.