Tutto si può dire sul nostro amato Stivale, meno che sia popolato da consumisti xenofobi. Gli italiani importano infatti format televisivi dagli Stati Uniti, spezzatino di gatto dalla Cina, Kebab dal Medio Oriente, libri dalla Svezia e fumetti dal Giappone. Proprio sui Manga, così si chiamano gli albi a fumetto provenienti dal Sol Levante, è doveroso soffermarci per capire meglio come il mercato “di sola lettura” stia cambiando il tessuto sociale del target a cui solitamente strizza l’occhio: ragazzi e ragazzini.
Nonostante la parentesi di Corto Maltese, pur celeberrima a livello internazionale, e dell’avventuroso Tex, la tradizione nostrana a riguardo resta piuttosto settaria, elitaria, di nicchia. Insomma, non vende. Ciò che invece viene preso d’assedio sugli scaffali dei negozi di fumetti sono proprio i prodotti giapponesi, la maggior parte dei quali conosciuti grazie alla solerte diffusione delle corrispettive versioni animate sulle tv nazionali.
Io che sono abbastanza vecchio posso citarvi il mitico Capitan Harlock del ’76, o
Rullo di tamburi ed eccoci al podio: al secondo e terzo posto, divisi da poche migliaia di vendite, Dragon Ball e Kochikame lottano senza esclusione di colpi per l’ambita medaglia d’argento. E sulla vetta, irraggiungibile con quasi trecento milioni di copie fatturate, ecco svettare One Piece. La bandiera pirata garrisce dunque sul mercato fumettistico globale, segno questo di una maggior attenzione ai temi trattati, per i quali vi consiglio vivamente di iniziare a leggere il fumetto, piuttosto che alla mera violenza auto-conclusiva da tv splatter.