Ventuno artisti della scena indipendente italiana si cimentano con cover degli 883 e quasi nessuno riesce a tirare fuori una versione che superi o raggiunga l’originale, ora due sono le cose: o abbiamo gravemente sottovalutato i pezzi degli 883, o abbiamo fortemente sopravvalutato la nostra scena indipendente.
Fatte le dovute premesse di sociologia spicciola, è il caso di passare a quello che conta, ovvero la musica, iniziando dalle note positive. I pezzi promossi senza riserve, all’avviso di chi scrive, sono sostanzialmente tre. I Selton rivitalizzano un pezzo musicalmente piuttosto debole, Come deve andare, prendendo in prestito la ritmica di Close to me dei Cure e infilandoci addirittura una strofa in portoghese in pieno stile tropicalia, dando risalto ad un testo dai contenuti forse banali ma dall’esposizione efficacie.
Gli Egokid hanno invece un vero e proprio colpo di genio: prendono un pezzo, diciamolo, abbastanza cretino come La regina del Celebrità, e lo stravolgono facendolo cantare in prima persona (cambiando il punto di vista della versione originale, dove Max metteva in campo i suoi ricordi di quindicenne sbavante dietro una cubista) ma soprattutto da una voce maschile, il tutto su una base electro-industrial, trasformando il tutto in un ambigua epopea trans-gender. Da nuovi portabandiera del revival anni ’60, il gruppo milanese Il triangolo riadatta il classico Nella Notte per armonica, chitarra e citazioni da Samarcanda, ottenendo un risultato degno di nota con poche idee ma ben curate.
Ci sono poi alcune cover che funzionano solo parzialmente.
Destino simile per Gli anni di Colapesce: una bella base, voce lamentosa e riflessiva quanto basta, videoclip con tanto di nano di Twin Peaks, tutto così pulito e in ordine da apparire falso, non c’è nostalgia, né malinconia… sembra tutto davvero troppo indie, nel senso dispregiativo del termine. Maria Antonietta si cala perfettamente nell’atmosfera scazzata e sarcastica di Weekend, risulta così credibile che il testo potrebbe essere benissimo il suo…ma per carità, se decidi di cantare in italiano cerca di far capire quello che dici, altrimenti non puoi dire di non esserti meritata la partecipazione alla “Coppa Rimetti” de Il Ruggito del Coniglio.
Si ferma al palo anche la versione punk-new wave di Il grande incubo interpretata dai Soviet Soviet: loro sono bravi, grande energia e grande sound, ma del pezzo originale (uno dei migliori di Pezzali, con tanto di videoclip ispirato a Dylan Dog) non rimane praticamente nulla, potrebbe essere la cover di qualunque canzone a questo punto.
Poi ci sono una serie di canzoni gradevoli ma nulla più: i Carpacho propongono una Nord Sud Ovest Est carina ma troppo infarcita di citazioni; i Numero 6 rifanno Hanno ucciso l’uomo ragno in versione folk/piratesca, bella idea ma pesa lo svantaggio di confrontarsi con la canzone simbolo degli 883; gli Ex Otago assorbono Sei un mito e la fanno diventare una canzone perfettamente nel loro stile, come d’altronde avevano già fatto con un altro classico anni ’90 (The Rythm of the Night), da un lato è una cosa ammirevole, ma dall’altro finiscono per risultare prevedibili; i Camillas rendono Aeroplano una sorta di viaggio kraut/psichedelico, ma la voce sembra soffocata e il tutto risulta monotono nel giro di tre minuti.
Tirando le somme si può dire che Con due deca è stata un operazione divertente, che ha dato vita ad una compilation per gran parte anche godibile, ma che probabilmente poteva essere “molto migliore”, in molti pezzi si sente una pesante aria di “raffazzonato” o quantomeno di inadeguatezza. E soprattutto ci resta l’interrogativo iniziale, a cui si può sfuggire in un solo modo: ammettere che si, ci piacciono di più le canzoni degli 883 di gran parte di queste cover, e probabilmente di gran parte del repertorio di coloro che hanno realizzato le cover, per un indie che si rispetti tutto ciò è paragonabile ad una sorta di peccato originale.