Monti e un anno di governo: tiri le somme chi ha ancora le dita

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L’Annus Primus di re Mario è passato nel plauso dei suoi vassalli parlamentari, pingui e grassi e felici dopo trecentosessantacinque albe di banchetti petroniani. E dunque sorgiamo anche noi, insieme a questa gloriosa aurora, dalla genuflessione cui il nostro ceto ci costringe per tributare a questo illuminato convitto una standing ovation. Sorgiamo, sempre ammesso che ne siamo ancora capaci, dopo un anno di Ius Primae Noctis ai danni delle nostre pareti anali.

Noi che ci fregiamo dei drappi e le mostrine di chi ha regalato al mondo gli acquedotti, le strade, il Diritto, Leonardo da Vinci e Dante Alighieri, abbiamo lasciato mamma Seconda Repubblica da sola a languire nell’ingordigia. Ogni volta le abbiamo creduto quando ci diceva che la sua pensione di invalidità sarebbe bastata a farci mangiare tutti. E intanto, vestiti di calzoni rattoppati e ciabatte cenciose, scendevamo in strada a giocare a pallone e a crogiolarci nel vizio come scaloppine che cuociono col vino bianco. Piccoli bastardi viziati che abbisognavano di un padre.

Sicché ringraziamo Iddio Bilderberg onnipotente (e il suo rappresentante terreno papa Giorgio) se oggi ne abbiamo uno. Non serve che papà re Mario sia affettuoso, o che dispensi consigli sulle ragazze o che ci insegni ad andare in bici. O che ci dica che il lavoro nobilita lo spirito, perché non è così. Lo sofferenza lo nobilita. Pian piano ci sta infatti disabituando alle cure mediche che per anni ci hanno rammollito, ci ha tolto il sogno del posto fisso perché è più divertente lavorare 18 ore al giorno in un call center o presso catene di montaggio cinesizzate. Ci ha fatto aprire gli occhi sull’inutilità della Laurea (pubblica).

Eppure il paese è pieno di figliol prodighi che non lo riconoscono come Messia. Le decine di migliaia di Ponzi Pilato travestiti da studenti, lavoratori e altri oppressi che ieri hanno sfilato per le vie di Roma e Milano, uniti platonicamente ai sardi che hanno fatto scappare i ministri in elicottero, chiedevano insolenti che l’istruzione fosse per tutti, che il lavoro fosse per tutti, che la giustizia fosse per tutti. Che le tasse fossero per tutti. E hanno continuato a chiederlo anche dopo essere stati indottrinati dalle sagge manganellate delle forze dell’ordine, centurioni di re Mario come più di duemila anni fa lo furono per sant’uomini come Silla e Caligola.

La democrazia dei re d’Europa dilaga per le strade attraverso il sangue di chi non si è ancora suicidato. Manifestazioni di giubilo per i nuovi regimi dell’Europa Unita si sono consumate a Oviedo, Santander, Cordoba, Zaragoza, Barçelona e Madrid, nella portoghese Lisbona e in piazza Syntagma ad Atene, dove gruppi di medici sempre più numerosi si stanno organizzando in sit-in illegali per la cura di chi non ha abbastanza denaro per provvedere alla propria salute.

E mentre la nostra sovranità monetaria viene dilaniata dalle fauci bavose di Bruxelles, mentre le Costituzioni vengono vendute come novella carta igienica low-cost ai Principi europeisti, stanchi giustamente di pulirsi le terga con biglietti da cinquanta euro, a noi poveri diavoli non resta che racimolare tutto l’oro, l’incenso e la mirra in nostro possesso e seguire la Stella Cometa. Chi ha ancora un cammello, s’intende.

“Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia” Enrico Berlinguer