Gioco di società: terzo lavoro e tanta passione nelle parole e nello spirito di Max Collini e soci. La premiata ditta Offlaga esce di nuovo allo scoperto regalando pensieri surreali e tanta voglia di continuare su quelle strade che, prima con “Socialismo tascabile” (2005) e poi con il seguitissimo “Bachelite” (2008), li avevano proiettati nell’alveo del songwriting italico.
La mitopoiesi musicale del nuovo lavoro emerge già dal titolo, Gioco di società, una provocazione in bello stile verso quella società che in parte vogliono rivoltare facendola catapultare nei loro nostalgici ricordi, tra originali synth che si diramano a macchia di leopardo per tutto il disco. Le già menzionate esperienze letterarie di Pier Vittorio Tondelli ci aiutano nella comprensione del’intero disco: un lavoro più intimo e riflessivo dei precedenti, ma sempre con la giusta attenzione alle declamazioni di un Collini sempre più a suo agio nella posizione di non-cantante (andate a vederlo dal vivo e vedrete di cosa sto parlando).
La scelta di porre in copertina uno stilizzato Pelizza de Volpedo, fondendolo con un’immagine tipicamente da stadio, ci aiuta a comprendere la trama di un disco che inizia subito deciso, con un introduzione forte che prelude alla mitologia di “Palazzo Masdoni”, un inno alla militanza giovanile non imbastito di banalità e sempre attento alla storie autobiografiche a cui gli Offlaga ci hanno abituato da tempo.
La rilevazione politica del disco è però concentrata in un altro pezzo, Piccola storia Ultras, un misto eclettico di resistenza storica al calcio moderno privo di significato imbastito di una storia più grande, quella che ci conduce ai moti di Reggio Emilia e alla polizia fascista del sanguinario governo Tambroni; fino alla messinscena politica incentrata sul’affare Gheddafi e sul suo coinvolgimento nell’affarismo economico italiano.
Partendo dai moti reggiani, le divagazioni
Proseguendo nell’ascolto è impossibile non notare la verve minimalista e emozionata di Desistenza e Parlo da solo, mentre con altri pezzi gli squarci sonori del terzetto nostrano ci ricordano che il concept vero e semi-nascosto dell’album è quella Reggio Emilia che fanno capitale della politica anni ’80 e che portano al centro della loro voglia di collettivismo neo-socialista.
Un nuovo album riuscito alla perfezione, insomma, da ascoltare mentre con Internet rompiamo nuove barriere e frantumiamo quel concetto di storia reale che i moog di “Gioco di società” ci hanno permesso di ravvivare; in un momento dove i confini politici si fanno sempre più difficili e, neanche chi spettacolarmente ci credeva, è ormai fedele alla linea come gli Offlaga.