Pensate allo stupore che può cogliere un bambino quando scopre che gli allegri animali della fattoria sono gli stessi che per anni gli hanno servito ben cucinati e porzionati nel piatto. Nella stessa condizione potrebbe ritrovarsi l’ascoltatore al termine di questo disco, focalizzando il fatto che questi Camera 237 sono gli stessi che qualche anno fa hanno dato alle stampe Vectorial Maze (Garage75 Records, 2005).
Da quell’esordio discografico ne è passata di acqua sotto i ponti: tre bassisti, tanti live di successo in giro per l’Italia e un secondo disco, Inspiration is not here (Foolica Records, 2009) che, se la fama avesse un minimo criterio di meritocrazia, sarebbe annoverato fra i migliori episodi della scena indipendente italiana degli ultimi anni.
Dal post-rock strumentale à la Mogwai e i pezzi numerati ordinatamente come camere di un inquietante albergo, si è passati ad una curiosa mistura di synth pop e psichedelia, con il canto diventato ormai elemento fondamentale della musica del gruppo e titoli sicuramente più espliciti (uno – John Arne – prende addirittura il nome dal terzino norvegese della RomaJohn Arne Riise).
Se è vero che qualche avvisaglia dell’evoluzione in questo senso della musica del quartetto cosentino era già presente nel disco precedente, è altrettanto disorientante il cambio di mood che si avverte fra i nove pezzi di questa nuova opera. Da brani che puntavano tutto sull’impatto di una sessione ritmica aggressiva e sugli intrecci geometrici e graffianti delle chitarre, si è passati ad una formula dilatata, dove a farla da padrone sono melodie di tastiere dal sapore quasi infantile ed un elettronica aliena e rarefatta, con le chitarre che si fanno sempre più morbide ed eteree.
Se in alcuni casi la batteria si fa ancora sentire (il crescendo dell’iniziale Etiquette is useless, la marcetta sghemba di Wake up alone in an empty bed, la cavalcata “sussurrata” di Carry on), in buona parte del disco la cattiveria sparisce del tutto (Echoes from my brain, Nova Ruda, My Wrong Words) e si vira verso un’atmosfera quasi melensa. Più che l’inquietudine dello “svegliarsi soli in un letto vuoto” vengono trasmesse sensazioni di una serenità quasi irreale.
Alone in an empty bed è un disco diverso, sicuramente coraggioso e probabilmente di transizione: sembra rappresentare più il punto di una nuova partenza, che non quello di arrivo di un certo percorso musicale. In più punti le reiterazioni delle note di synth sembrano ricordare i rintocchi di un orologio, lo spettro del tempo che ci scorre addosso senza lasciarci la possibilità di cambiare completamente pelle, o almeno di mantenere lucida quella che avevamo prima.
Come l’Ulisse dantesco i Camera 237 non sanno stare fermi e non si adagiano sugli allori di una formula consolidata. Proseguono verso sentieri ignoti e imprevedibili, probabilmente consapevoli e noncuranti del fatto che, voltandosi indietro, potrebbero non ritrovare più coloro che li avevano seguiti sin ad ora.
Roberto Interdonato
Update 29/05/2011
È finalmente disponibile il video di Carry On (To Carry On), primo singolo firmato Camera 237 ed estratto da Alone in an empty bed. Il clip è stato diretto da Fabio Rao, con la fotografia di Giuseppe Colonnese, e prodotto da Logosfilmaker.
Michel Gondry (Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno) dirigerà l’adattamento cinematografico di Ubik, romanzo di Philip K. Dick edito nel 1969.
Sebbene la notizia sembra sia ormai ufficiale, è comunque d’obbligo, in questi casi, andarci coi piedi di piombo. Basti pensare alle peripezie che hanno accompagnato la trasposizione cinematografica de Lo Hobbit di Tolkien: per quasi due anni nelle mani di Guillermo del Toro (Il labirinto del fauno), dopo una breve parentesi nella quale sembrava essere stato affidato a Neill Blomkamp (District 9), è infine tornato fra le braccia di Peter Jackson (produttore e regista della trilogia tolkeniana de Il Signore degli anelli).
Ma torniamo a Ubik. Vista la quantità di romanzi e racconti di Dick già portati sul grande schermo, la domanda è lecita: perché la notizia sta risuonando come se si trattasse di un evento?
Il motivo principale è che stavolta ad essere adattata non sarà un’opera minore, ma uno dei migliori romanzi dello scrittore, nonché uno dei più visionari e lisergici insieme al precedente Le tre stimmate di Palmer Eldritch (1965).
Volendo fare un bilancio delle opere cinematografiche ispirate ufficialmente agli scritti di Dick, è quasi obbligatorio citare il celebre Blade Runner di Ridley Scott (1982) come l’opera più riuscita, annoverata fra i capolavori del genere fantascientifico. Ma nonostante il film riesca a trasmettere bene i punti cardine del pensiero dickiano, l’opera è tratta da un romanzo non del tutto riuscito (Il cacciatore di androidi o anche Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?), la cui trama viene in più punti stravolta e resa mero pretesto per portare avanti la – in ogni caso meravigliosa – messa in scena.
Se Minority Report (2002), buono ma piuttosto edulcorato e poco dickiano nei contenuti, può essere considerato un’occasione persa (specie se si pensa al budget di oltre 100 milioni di dollari e alla prestigiosa regia di Steven Spielberg), un discorso diverso va fatto per Un oscuro scrutare (A scanner darkly) di Richard Linklater. Il film, datato 2006, rappresenta probabilmente la trasposizione con il miglior rapporto “qualità del film/qualità del romanzo”, essendo l’unico (finora) tratto da uno dei capolavori dello scrittore. Il risultato ottenuto, a parere di chi scrive, rasenta l’eccellenza: il cast di alto livello (Keanu Reeves, Winona Ryder, Robert Downey Jr., WoodyHarrelson), l’uso della tecnica del rotoscopio (già utilizzata da Linklater in Waking Life) e la fedeltà all’opera originale, ne fanno una perla da rivalutare.
C’è da dire, però, che il romanzo di origine rappresenta un Dick tardo (1977) e, a conti fatti, più autobiografico e premonitore che fantascientifico. Non che questo intacchi il valore finale, ma probabilmente il risultato non rappresenta il più autentico immaginario dell’autore.
Alla luce di quanto detto è normale, negli appassionati del genere, avere sentimenti contrastanti: da un lato le speranze sono ottime, visto che Gondry si è dimostrato regista di altissimo livello e abbastanza visionario da sembrare adatto ad un compito del genere. Dall’altro serpeggia la paura ripensando ai piani di realtà parallela, allo stato di semi-vita, alla regressione temporale, ai continui dubbi che il romanzo suscita fino alla sua conclusione (e oltre) e su quale sia la vera realtà. Tutte situazioni che sembrerebbe difficile portare sul grande schermo senza sacrificare gran parte del fascino.
Non ci resta che attendere sperando che il progetto vada in porto e che a quel punto non ci sia da rimpiangere tale speranza.
Roberto Interdonato
Michel Gondry (Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno) dirigerà l’adattamento cinematografico di Ubik, romanzo di Philip K. Dick edito nel 1969.
Sebbene la notizia sembra sia ormai ufficiale, è comunque d’obbligo, in questi casi, andarci coi piedi di piombo. Basti pensare alle peripezie che hanno accompagnato la trasposizione cinematografica de Lo Hobbit di Tolkien: per quasi due anni nelle mani di Guillermo del Toro (Il labirinto del fauno), dopo una breve parentesi nella quale sembrava essere stato affidato a Neill Blomkamp (District 9), è infine tornato fra le braccia di Peter Jackson (produttore e regista della trilogia tolkeniana de Il Signore degli anelli).
Ma torniamo a Ubik. Vista la quantità di romanzi e racconti di Dick già portati sul grande schermo, la domanda è lecita: perché la notizia sta risuonando come se si trattasse di un evento?
Il motivo principale è che stavolta ad essere adattata non sarà un’opera minore, ma uno dei migliori romanzi dello scrittore, nonché uno dei più visionari e lisergici insieme al precedente Le tre stimmate di Palmer Eldritch (1965).
Volendo fare un bilancio delle opere cinematografiche ispirate ufficialmente agli scritti di Dick, è quasi obbligatorio citare il celebre Blade Runner di Ridley Scott (1982) come l’opera più riuscita, annoverata fra i capolavori del genere fantascientifico. Ma nonostante il film riesca a trasmettere bene i punti cardine del pensiero dickiano, l’opera è tratta da un romanzo non del tutto riuscito (Il cacciatore di androidi o anche Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?), la cui trama viene in più punti stravolta e resa mero pretesto per portare avanti la – in ogni caso meravigliosa – messa in scena.
Se Minority Report (2002), buono ma piuttosto edulcorato e poco dickiano nei contenuti, può essere considerato un’occasione persa (specie se si pensa al budget di oltre 100 milioni di dollari e alla prestigiosa regia di Steven Spielberg), un discorso diverso va fatto per Un oscuro scrutare (A scanner darkly) di Richard Linklater. Il film, datato 2006, rappresenta probabilmente la trasposizione con il miglior rapporto “qualità del film/qualità del romanzo”, essendo l’unico (finora) tratto da uno dei capolavori dello scrittore. Il risultato ottenuto, a parere di chi scrive, rasenta l’eccellenza: il cast di alto livello (Keanu Reeves, Winona Ryder, Robert Downey Jr., WoodyHarrelson), l’uso della tecnica del rotoscopio (già utilizzata da Linklater in Waking Life) e la fedeltà all’opera originale, ne fanno una perla da rivalutare.
C’è da dire, però, che il romanzo di origine rappresenta un Dick tardo (1977) e, a conti fatti, più autobiografico e premonitore che fantascientifico. Non che questo intacchi il valore finale, ma probabilmente il risultato non rappresenta il più autentico immaginario dell’autore.
Alla luce di quanto detto è normale, negli appassionati del genere, avere sentimenti contrastanti: da un lato le speranze sono ottime, visto che Gondry si è dimostrato regista di altissimo livello e abbastanza visionario da sembrare adatto ad un compito del genere. Dall’altro serpeggia la paura ripensando ai piani di realtà parallela, allo stato di semi-vita, alla regressione temporale, ai continui dubbi che il romanzo suscita fino alla sua conclusione (e oltre) e su quale sia la vera realtà. Tutte situazioni che sembrerebbe difficile portare sul grande schermo senza sacrificare gran parte del fascino.
Non ci resta che attendere sperando che il progetto vada in porto e che a quel punto non ci sia da rimpiangere tale speranza.
Molti di voi ci hanno chiesto quale fosse la canzone di sottofondo utilizzata nel nuovo programma di PaoloBonolis: Il senso della vita. Per capirci meglio, quella che fa da sigla ed a volte ha fatto da promo per gli spot pubblicitari.
Il mistero è presto svelato. Si tratta di Bittersweet Symphony dei The Verve.
Vi riportiamo di seguito la canzone. Buon ascolto.
Ben Harper torna in Italia per esibirsi dal vivo in cinque date a luglio 2011. Il cantante e chitarrista ha già confermato il tour estivo nel Bel Paese e sono già disponibili le prevendite per i concerti.
Le città toccata da Harper saranno Lucca, Roma, Milano, Tarvisio (Ud) e Villafranca (Vr). Ricordiamo che Ben torna in Italia dopo la splendida performance dello scorso anno, che lo vide anche duettare insieme ad Eddie Vedder all’Heineken Jammin Festival con la canzone Under Pressure dei Queen.
Ma torniamo alle date di questa estate. In realtà sui concerti c’è una precisazione da fare. L’appuntamento di Lucca vedrà Harper insieme a Robert Randolph & the Family Band; mentre per i due eventi di Roma e Milano Ben sarà affiancato dalla presenza di un artista storico del rock internazionale: Robert Plant & the Band of Joy. I due artisti, infatti, si susseguiranno sul palco del Rock in Roma e su quello dell’Arena Civica di Milano.
Ricordiamo, inoltre, che questo tour sarà diretto a promuovere quello che sarà il decimo disco di Ben Harper e dal titolo Give till it’s gone (la cui uscita è prevista per il 17 maggio 2011).
Ecco di seguito location e costo dei biglietti per ogni città:
18 luglio Lucca – Piazza Napoleone – Summer Festival
Palchetto Statua Gold Intero 92,00 €
Posto In Piedi Intero 46,00 €
19 luglio Roma – Ippodromo delle Capannelle – Rock in Roma Posto Unico Intero 41,40 €
20 luglio Milano – Arena Civica
Tribuna Non Numerata Intero 50,60 €
Parterre in Piedi Intero 46,00 €
29 luglio Tarvisio (Ud) – No Borders Festival Posto Unico Intero 46,00 €
30 luglio Villafranca (Vr) – Castello Scaligero
Posto Unico Intero 39,10 €
Ovviamente se dovessero esserci nuove date aggiunte al tour saremo pronti a segnalarvelo; e vi ricordiamo che le prevendite sono acquistabili su TicketOne. Intanto vi lasciamo con una versione acustica di una delle canzoni più morbide di Ben Harper: The Woman in you. Buon ascolto.
S.C.O.T.C.H. è il nuovo album di Daniele Silvestri. Un nome particolare ed enigmatico, come enigmatica, forse, è la chiave di lettura con cui bisogna decifrare questo suo nuovo lavoro.
Il disco nasce da una fase di incubazione durata quasi quattro anni, in cui Daniele ha potuto dare fondo a sentimenti ed idee. Un’insieme di sensazioni che abbracciano diversi mondi: dall’attualità alle dimensioni più intime e personali, passando per quella vena ironica e poetica che tanto contraddistinguono un autore come Silvestri.
Un lavoro che lo ha portato a scrivere numerose canzoni e compiere anche una pesante scrematura. Lo stesso Daniele spiega così la fase di preparazione del disco: “Per fortuna ho potuto lavorare con i tempi necessari. Ho scritto più di 30 canzoni ed il lavoro più difficile è stato proprio quello di selezione, finito solo nelle ultime settimane” – e continua dicendo – “Inevitabile che guardandomi intorno in questi ultimi anni sia stato colpito dall’attualità, spero però di non esserne rimasto schiacciato. Ma non posso negare una visione amara del nostro Paese”.
Insomma un Daniele Silvestri che, come già tempo fa ci ha abituato, torna a dare una sua interpretazione di ciò che accade nel nostro Paese. Visione anticipata, in particolare, da un brano presentato qualche tempo fa a Vieni via con me (il programma con Fazio e Saviano andato in onda sulla Rai) dal titolo: Precarioilmondo (di cui trovate il video live in coda al post).
Ma da cosa deriva il titolo dell’album? In realtà questo S.C.O.T.C.H. non è da intendersi come il distillato alcolico che tutti ben conosciamo. Bensì è un acronimo, che proviene da un gioco fatto da Silvestri con i fan. L’artista, infatti, ha chiesto al suo pubblico di proporre delle libere interpretazioni a riguardo. E le più belle sono state inserite dal cantante direttamente nel libretto dell’album. ” Le mie preferite – spiega Silvestri – sono Settuagenario Cavaliere Offre Tenda Con Harem e Sembrerebbe Coincidere Oggi Tokio Con Hiroshima”.
Ma questo Scotch marcato Silvestri non è solo un disco fatto di attualità ed acronimi. Al suo interno si nasconde un ricco parterre di artisti che hanno partecipato alla sua realizzazione. Come ad esempio NiccolòFabi, che ha partecipato alla stesura di Sornione, brano in cui canta anche insieme a Daniele; Gino Paoli che ha prestato la sua voce ne La Chatta, una innovativa trasposizione del celebre brano La Gatta; Raiz, che sfoggia le sue metriche rap in coda a Precario è il mondo.
O ancora Diego Marcino, che ha scritto e canta insieme a Silvestri la canzone Acqua che scorre e partecipa insieme a Pino Marino ai cori di Cos’è sta storiaqua e L’appello. Anche Bunna degli Africa Unite partecipa cantando in Lo scotch, brano in cui ritroviamo le voci narranti di Peppe Servillo e Andrea Camilleri. Sotto il profilo musicale Silvestri si avvale anche degli archi dei Solis String Quartet in Ma che discorsi e In un’ora soltanto; mente Stefano Bollani accompagna al pianoforte nella canzone Questo paese.
Parlando di tutti gli artisti che hanno partecipato al disco, Daniele confessa: “La cosa che mi ha fatto più piacere è che abbiano accettato tutti. Nessuno mi ha detto di no e questo non era scontato“.
Insomma, un disco davvero da ascoltare e che vede la sua chiave di volta nel brano Lo Scotch. “È un po’ il baule – spiega Silvestri – in cui ho un po’ messo tutto quello che c’è nel disco. Anche dal punto di vista musicale, visto che ad ognuno dei musicisti ho chiesto di lasciare un segno nel disco“.
Ecco di seguito la tracklist del disco:
1. Le navi 2. Sornione 3. Cos’è ‘sta storia qua 4. Fifty-fifty 5. Acqua stagnante 6. Precario è il mondo 7. La chatta 8. Io non mi sento italiano 9. Monito® 10. Ma che discorsi 11. Acqua che scorre 12. Lo scotch 13. L’appello 14. In un’ora soltanto 15. Questo paese
Volendo fare una breve analisi dei brani, oltre a Lo scotch e Precario è il mondo, troviamo ad esempio: Io non mi sento italiano, uno degli ultimi brani scritto da Giorgio Gaber e per il quale Silvestri ha detto “la presenza di questo brano la devo a Fazio e Saviano, che mi hanno chiesto di cantarla nella mia prima apparizione a ‘Vieni via con me’. – e continua dicendo – È un piccolo testamento che Gaber ci ha lasciato e che è bello che continui a vivere. È un brano di straordinaria attualità e mi sembrava perfetto anche come contraltare ai festeggiamenti dei 150 anni dell’Italia“. O ancora Monito(r), brano in cui Silvestri riflette sul ruolo del Presidente della Repubblica.
Potremmo dilungarci ancora molto, ma lasciamo a voi la scoperta di questo buono scotch d’annata. Concludiamo ricordando che S.C.O.T.C.H sarà disponibile dal 29 marzo su etichetta Sony Music e lasciandovi al live di Precario è il mondo.
Daniele Silvestri – Precario il mondo
Mi sono rotto, io mi sono rotto,
non ho più voglia di abitare lo Stivaletto
non ha più senso rimanere grazie di tutto
aspetto ancora fine mese poi mi dimetto
Tanto il mio lavoro è inutile, diciamo futile
essenzialmente rimovibile, sostituibile, regolarmente ricattabile
il mio lavoro è bello come un calcio all’inguine dato da un toro
il mio lavoro è roba piccola fatta di plastica
che piano piano mi modifica, mi ruba l’anima
dice “il lavoro rende nobili” non so può darsi,
sicuramente rende liberi di suicidarsi
e io mi sono rotto, io mi sono rotto,
non ho più voglia di abitare lo Stivaletto
non ha più senso rimanere grazie di tutto
aspetto ancora fine mese poi mi dimetto
Precario il mondo precario il mondo
flessibile la terra che sto pestando
atipica la notte che sta arrivando volatile la polvere che si sta alzando
Precario il mondo precario il mondo
non è perenne il ghiaccio che si sta sciogliendo, non è perenne l’aria e si sta esaurendo
e d’indeterminato c’è solo il Quando
Precario il mondo si finchè è normale
ma sembra ancora più precario questo stivale
che sta affondando dentro un cumulo di porcheria
e quelli che l’hanno capito vedi vanno via
e invece tu non l’hai capito, non l’hai capito
e stringi i denti dietro un tavolo dentro a un ufficio
senza nemmeno avere il tempo di guardare fuori
così non vedi che già cambiano tutti i colori
e intorno a te la gente si agita si muove sempre
qualcuno grida è una protesta che nessuno sente
non c’è un futuro da difendere solo il presente
e anche di quello di salvabile c’è poco o niente
amore mio non ci resisto, io non ci resisto
vorrei convincerti a raggiungermi ma non insisto
tu riesci ancora a non vedere solo il lato brutto
io invece ho smesso devo andare, grazie di tutto.
Precario il mondo precario il mondo
flessibile la terra che sto pestando
atipica la notte che sta arrivando volatile la polvere che si sta alzando
Precario il mondo precario il mondo
non è perenne il ghiaccio e si sta sciogliendo, non è perenne l’aria e si sta esaurendo
e d’indeterminato c’è solo il Quando
E allora il tempo si fermerà, improvvisamente e chi si stava amando potrà
amarsi per sempre
E allora il tempo si fermerà, improvvisamente e chi si stava odiando dovrà
odiarsi per sempre
Precario il mondo precario il mondo
flessibile la terra che sto pestando
atipica la notte che sta arrivando volatile la polvere che si sta alzando
Precario il mondo precario il mondo
non è perenne il ghiaccio e si sta sciogliendo, e non è perenne l’aria e si sta esaurendo
e d’indeterminato c’è solo il Quando
Il Neapolis Festival 2011 si prepara ad aprire le danze. Torna anche quest’anno uno degli appuntamenti musicali più seguiti di tutta Italia, che vedrà come protagonisti un folto insieme di artisti nazionali ed internazionali. La location è come sempre quella di Napoli e per la precisione l’Acciaieria Sonora, mentre le date prestabilite per il Neapolis Festival 2011 sono 8 e 9 luglio.
Tuttavia, al momento, non sono ancora molte le notizie su quali saranno le band che si alterneranno sul palco. Unica certezza è il primo headliner della manifestazione: gli Skunk Anansie. Il gruppo di Skin e soci incentrerà molto probabilmente il concerto sul loro ultimo album Wonderlustre, quinto disco in studio targato 2010. Ricordiamo che Wonderlustre ha avuto grande successo in Italia, ritrovandosi ai primi posti dopo soli pochi giorni dall’uscita (raggiungendo in circa un mese il disco d’oro); e che il primo brano estratto come singolo dal disco, ovvero My ugly boy, è stato scelto come “brano rock dell’anno” da iTunes.
Insomma un gruppo davvero da non perdere.
Per quanto riguarda le altre band, vi aggiorneremo appena disponibili nuove informazioni. Prezzi già fissati, invece, per i biglietti (disponibili dal 21 marzo tramite il circuito Go2.it). Ma attenzione, la spesa varia in funzione della data di acquisto.
Si chiama Wasting Light il nuovo album dei Foo Fighters. Il disco verrà rilasciato il 12 aprile 2011 e sarà il settimo lavoro in studio della band.
Un album che ancora prima di uscire già fa conoscere molto di sé. Infatti è lo stesso Dave Grohl (cantante e leader della band), a definirlo “l’album più heavy mai registrato”. Questa dichiarazione deriva da un’intervista di qualche settimana fa rilasciata al magazine Q.Sempre nella stessa intervista, il cantante dei Foo Fighters ha fatto altre interessanti rivelazioni, svelando alcuni particolari sulle tracce di Wasting Light. Secondo Grohl A Matter Of Time, ad esempio, rappresenta “una delle melodie più dolci che abbia mai scritto, ma ha anche uno dei riff più pesanti” – e continua dicendo – “Poi c’è una canzone che si intitola White Limo, che ha un riff da fuori di testa. Ti fa venir voglia di entrare nella macchina di qualcuno e rubare lo stereo”. Le parole di Dave si soffermano anche su These Days, che definisce come la canzone migliore che abbia mai scritto.
Altra interessante anticipazione riguarda il brano Dear Rosemary, che sarebbe cantata in coppia con BobMould degli Husker Du. A riguardo Grohl specifica che la canzone “suona come se Bob ed io l’avessimo scritta per gli Husker Du 20 anni fa ed i Foo Fighters ne avessero fatto una cover”.
Sempre nell’intervista rilasciata a Q il cantante dei Foo Fighters parla delle esibizioni live, spiegando come la dimensione live sia un fattore importantissimo per lui e gi altri componenti della band. Ed uno dei buoni propositi per il nuovo tour 2011, pare sia quello di eseguire performance molto più lunghe della norma, che sfiorino addirittura le tre ore.
Insomma, una serie di notizie che mettono sicuramente molta curiosità sulle tracce di Wasting Light e sul Rock In IdRho (unica data italiana del tour). In particolare la tracklist prevederà undici canzoni. Eccole di seguito:
1 Bridge Burning 2 Rope 3 Dear Rosemary 4 White Limo 5 Arlandria 6 These Days 7 Back & Forth 8 A Matter Of Time 9 Miss The Misery 10 I Should Have Know 11 Walk
Dall’album sono già state estratte due canzoni, Rope e White Limo, delle quali trovate qui su PausaCaffè i rispettivi video (vi absta cliccare sui due nomi delle canzone).
Vi lascio infine con il trailer ufficiale del nuovo album. Buona visione 😉
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