Francesco Pizzinelli, in arte Jocelyn Pulsar, torna a dettar strofe e a cantare l’irregolarità del quotidiano. Una carriera che è viva e vegeta sin dal lontano 2003, e un nuovo lavoro intitolato Convivenza Arcade che esce per La sete dischi, dopo il peregrinare per le diverse etichette che segnano le belle esperienze della cultura indie nello stivale.
Un autore più maturo, che accarezza la sua chitarra affamata di buone pulsazioni e ritmi non sense, sempre stringendo l’occhio al lo-fi e alla temperatura musicale che caratterizza i songwriter dallo spigliato senso humour. Registrato nel mese di maggio 2016, con la produzione di Enrico Berto (già con sua maestà Bugo, tra gli altri), il disco esce il 5 dicembre 2016 e sprigiona la quintessenza dello spirito cantautorale di Pulsar: auto ironia, nostalgia allegorica, voglia di prendere poco sul serio la quotidianità assurda della vita. Il tutto condito con la semplicità di una chitarra ben suonata e l’aiuto di due musicisti e amici che attualmente comprende in formazione: Davide Ponti al basso e Mario Ingrassia alla batteria.
Un collettivo al servizio di una scrittura mai banale e voracemente veritiera, costruita sulla vita vera di un musicista imprescindibilmente legato al suo accento romagnolo. Un artwork di copertina che non può passare inosservato fa il resto, mentre la vita da videogame dei nostri giorni va cantata e presa per il verso giusto.
E in un momento di forte revivalismo cantautorale, vedi Truppi, Bellissimo, Clerico e compagnia bella, Jocelyn parte col piglio giusto della titletrack per raccontare le nefaste ma inevitabili incomprensioni della convivenza. Piglio emotivo giusto, seriale è il passaggio sul cartone della pizza dimenticato e compagni di serate. In L’indie senza il pubblico, invece, si mettono a nudo le virtù ironiche di un Pulsar che ha svuotato l’armadio dei ricordi in nome di una sincera affermazione della superiorità dei sentimenti. I ritmi salgono e sono jovanottiani in Bella coppia, mentre è ancora la sottile linea tra gioventù e maturità a suonarci Domani mi sposo.
Il capolavoro, prima che l’inno alla vita e all’amore su Barbarella (eroina dei nostri giorni passati), è L’altroBaggio, ballad in cui è Eddy Baggio a impersonificare il concetto di loser sportivo. Un calciatore cresciuto all’ombra del moloch che è suo fratello, troppo spesso dimenticato ma osannato dalle capacità chitarristiche di Pulsar, narratore degli antieroi e cantautore della vita.
12 giorni, 80 concerti, eventi collaterali e soprattutto tanta passione per una musica viscerale e tremendamente viva come il Jazz. Una missione che guarda alle interazioni con altre musiche e non si ferma alle apparenze. Questo, in sintesi, il festival JazzMi che ha invaso Milano per farne una città migliore. Note di giubilo a parte, il festival si chiude con le musiche di Gregory Porter, ospitato al Teatro Nazionale per un evento indubbiamente sold out.
L’occasione è infatti di quelle ghiotte, data la notorietà dell’artista statunitense, vincitore di un Grammy e testimonial di una vivace ripresa del jazz tra le masse. E proprio le masse (termine barbaro ma efficace) hanno risposto presente alla chiamata di Porter, dialogando a colpi di hand-clapping con Porter e la sua band. A far da contorno al corpulento cantante, con addosso l’immancabile berretto nero, sono giunti difatti altri 5 pezzi da 90 del mondo jazz bazzicato da Porter e impegnati rispettivamente al piano, al basso, all’organo, alla batteria e al sax, quest’ultimo magistralmente suonato da Tivon Pennicot.
E quindi via a immediate bordate di geniale sound incrociato tra black music, soul, jazz e bassi tinti di blues. Cordialità e presenza scenica accompagnano una performance stretta tra il nuovo Take me to the Alley (uscito il 6 maggio scorso per Blue Note) e vecchi baluardi di inestimabile valore, tratti anche da quel Liquid Spirit che resterà una pietra miliare per amanti del genere e non solo. Assistiamo dunque a una serata gradevole e dai toni fortemente emozionali, capace di coinvolgere anche giovani curiosi, oltre ai sempre presenti intellettuali di lunga data con barba lunga e riviste di settore sotto braccio.
Il JazzMi è questo e offre una visione culturale a 360 gradi. Così, mentre la voce baritonale di Porter risuona e il caldo abbraccio della batteria di Emanuel Harrold fa il resto, avvistiamo anche qualcuno che nelle prime file abbozza ritratti pittorici della serata.
Musica e arte, dunque, capeggiata da un cantante e compositore che rilascia vibrazioni soul e calde interpretazioni di una musica attuale e quanto mai viva. È il Jazzmi, bellezza!
Ci sono musiche e melodie, ci sono testi e poesie, ci sono artisti e poeti…e poi…ci sono cantanti e c’è Paolo Benvegnù. Un artista e un poeta, capace di creare musiche fatte di avvolgenti melodie; testi con metriche e parole che si intrecciano per dare vita a vere poesie messe in musica. Un cantautore italiano come pochi, con un’esperienza alle spalle che non molti possono vantare e una capacità di travolgere il pubblico nella dimensione live a dir poco unica.
In realtà, si potrebbe star qui a descrivere per ore l’artista che è Benvegnù, ex leader degli Scisma ed ora cantautore di gran classe. Ma non vogliamo fare un racconto biografico di questo musicista, per quello vi rimandiamo al suo MySpace, dove potete leggere ogni tappa (o quantomeno quelle più salienti) della sua carriera. Qui, in questo post, quello che vogliamo fare è porre l’attenzione su una canzone: Io e il mio amore. Brano che nasce con il progetto Il paese è reale, relativo al disco Afterhours presentano: Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?), ideato da Manuel Agnelli per la promozione di tutte quelle piccole band e realtà indie rock che sono presenti in Italia.
Probabilmente già molti conoscono Io e il mio amore, pezzo contenuto in Dissolution l’ultimo CD dei Paolo Benvegnù che raccoglie i migliori pezzi del cantautore italiano. Però molti probabilmente non sanno che Io e il mio amore è anche un video; realizzato da Simone Manetti con la fotografia di Ferran Paredes Rubio per la Cyc Promotion e con la produzione esecutiva curata dalla Vertical di Salvo Matranga. Più che un video, ci verrebbe da dire, un piccolo film; dalle scene coinvolgenti e che ben si sposano con parole e musica. Un lavoro tanto degno di lode da vincere il premio come miglior fotografia al PIVI2010 (Premio Italiano al Videoclip Indipendente); edizione organizzata dal MEI (e coordinata da Fabio Melandri), alla quale hanno partecipato oltre 400 videoclip.
Insomma, tutto ciò per dirvi che questo video e questa canzone meritano certamente di essere visti/ascoltati. E non vogliamo dilungarci oltre, se non dandovi un’ultima chicca. Torneremo presto a parlare di Paolo Benvegnù e soci, per il nuovo disco. Ma, come si suol dire, diamo tempo al tempo.
Ora vi lasciamo al video di Io e il mio amore. Buon ascolto.
I Moplen da Padova sono 5 ragazzi pronti a divertirsi e farvi divertire. Basta questo come garanzia del loro primo album, Siamo solo animali, prodotto da La fame dischi e pronto a invadere le vostre classifiche alternative. Un lavoro energico e creativo, per 9 tracce divise tra pop rock, Power fresh sound e tocchi di sintetizzatori veraci. Melodia, ma anche orecchie probabilmente abituate a musiche post punk, dopo la pubblicazione di un Ep e la fruttuosa partecipazione ad alcuni contest musicali in cui i Moplen si sono fatti conoscere e apprezzare.
La verve è quella giusta ed è caldeggiata da uno spirito divertente ma anche a tratti riflessivo, con testi e musiche che richiamano i più noti Ex-Otago e Zen Circus.
Dopo l’intro PNG, buona per scaldare gli animi animaleschi pronti a svilupparsi, Non giudico è un inno alla tolleranza dei giudizi con attacco parlato alla Offlaga disco pax e successivi sviluppi con mid tempo ballabili di scuola Lombroso. Cori e chitarre come se piovesse, insomma, a cui fa seguito Signorina, brano di marca elettropop che diventa orecchiabile e lancia anche assoli elettronici su cassa e rullante power rock.
Animali ha invece un’impostazione più cantautorale, che concentra le sue attenzioni sull’idea dell’animalità umana, un’evoluzione che si ricollega all’artwork del disco. Arriva poi Battisti, un brano a mio avviso con le carte in regola per sfondare ai prossimi festival estivi, con la verve divertente e scanzonata costruita su melodie pop electro vicine ad altri animali, i famosi I Cani dalla capitale. Dopo la melodia floreale di Marino, via alle schitarrate di Steso, ritornello che entra nel cervello e godevole melodie pop rock.
Il pezzo più bello è però Cinemateque che parte con una tonalità alla Moltheni per poi lasciar partire fluide parole che riflettono l’atteggiamento antidogmatico dei nostri. Chiude l’orgogliosa ballad di Vento gelido.
L’X Factor italiano è molto meglio di quello britannico. Robbie Williams esordisce così nell’intervista di questa mattina a Radio 105 con Tony Severo e Rosario Pellecchia nel programma 105 Friends. Una serie di passaggi irriverenti e divertenti che hanno mostrato un Robbie simpatico e attento al panorama musicale internazionale. E quando Tony e Rosario gli chiedono se si sia o meno divertito ad X Factor, la sua risposta è: “L’arena è pazzesca, gigantesca, i concorrenti molto bravi, è tutto molto interessante e devo dire che l’ho trovato molto meglio dell’X Factor britannico“.
Parlando poi della sua carriera sul grande schermo, Robbie ha anche parlato di un suo possibile ingaggio come 007: “Non farei mai 007 perché è proprio noioso fare l’attore: per fare un videoclip ci vogliono due giorni, al cinema si tratta di mesi. Solo se mi pagassero molto, allora potrei pensarci”.
Diverso è invece il rapporto con la sua vita professionale da musicista e il periodo che lo ha visto allontanarsi dalla scena. “Nel 2006 avevo smesso – spiega Robbie Williams – Pensavo di essere depresso a causa del mio lavoro, così ho lasciato. Sono andato in rehab senza dirlo a nessuno, mi sono fatto crescere la barba, sono ingrassato, cercavo gli ufo, fumavo un sacco di canne. Ma poi mi sono accorto che senza un lavoro il mio cervello si spegneva. Avevo bisogno del mio lavoro, di uno scopo nella vita. Ho sperimentato la pensione in anticipo e non fa per me”.
Per l’intervista completa vi rimandiamo al sito ufficiale di Radio 105.
Firenze questa estate diventa protagonista del grande rock a livello internazionale con l’evento Firenze Rocks 2017. L’appuntamento è per venerdì 23 e domenica 25 giugno 2017 alla Visarno Arena e sebbene fino a qualche giorno fa ancora non si sapesse quale fosse la lineup della due giorni di live, ecco oggi trapelare le prime news. E sono novità davvero col botto! Infatti i primi tre nomi dei gruppi che parteciperanno al Firenze Rocks 2017 sono quelli di: Aerosmith, System of a Down e Prophets Of Rage.
Davvero niente male, non credete? In particolare gli Aerosmith saranno il primo gruppo headliner della rassegna musicale estiva made in Firenze e si esibiranno venerdì 23 giugno.
System of a Down e Prophets Of Rage, invece, calcheranno il palco dell’Ippodromo del Visarno il 25 giugno 2017. Per tutti e tre i gruppi si tratta dell’unica data in Italia ad oggi prevista per il 2017, quindi se volete godervi uno di questi gruppi dal vivo vi consigliamo di accaparrarvi velocemente un biglietto.
Per maggiori informazioni vi rinviamo al sito ufficiale dell’evento.
I Fonoprint Studios compiono 40 anni e festeggiano lanciando il progetto Fonoprint 2.0: ovvero un progetto dedicato al tessuto musicale giovanile italiano e con l’obiettivo di lanciare i giovani talenti. Per chi non conoscesse i Fonoprint Studios vi diciamo che si tratta degli storici studi di registrazione nati a Bologna in cui hanno inciso i loro brani artisti come: Lucio Dalla, Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Luca Carboni, Andrea Bocelli, Laura Pausini, Zucchero, Francesco Guccini, gli Stadio, Paolo Conte, Cesare Cremonini, Il Volo e molti altri.
Una vera e propria istituzione della discografia made in Italy, nata a Bologna 40 anni fa e che ora si rinnova con il progetto Fonoprint 2.0. L’idea è quella di creare un “micromondo musicale” fatto non solo di attività di scouting e selezione, ma anche propone una formazione artistica completa ai giovani talenti italiani che vogliono creare e rafforzare il proprio bagaglio musicale. Più che studi di registrazione, i Fonoprint diventano quindi una vera e propria academy, in cui gli artisti possono crescere gradualmente e poi sfruttare la professionalità degli esperti del settore per creare un prodotto di alta qualità sonora.
Padre del progetto è Leopoldo Cavalli, appassionato di musica e imprenditore bolognese, secondo cui “la musica è popolare per definizione, quindi deve essere alla portata di tutti, essere patrimonio di tutti. Dopo la scomparsa di Lucio Dalla – spiega Cavalli – mi sembrava logico dare un personale contributo alla mia città. La musica rende liberi e creativi e sono orgoglioso di poter fare parte di un gruppo di professionisti così appassionato e capace“.
A conferma di tutto ciò il progetto Fonoprint 2.0 prevede il passaggio di Fonoprint anche ad etichetta discografica, con il lancio di quattro giovani talenti e dei relativi singoli:
Carmen Alessandrello con “Un Giorno Dopo L’altro” (cover di Luigi Tenco)
Jacopo Michelini con “Guarda Chi C’è”
Helle con “Sinkin’”
Tekla con “Via”.
Per maggiori informazioni e per i contatti di Fonoprint vi rimandiamo al sito web fonoprint.com.
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